Nacque a Torino il 18 marzo 1815; la sua famiglia era originaria di Chieri.
Frequentò le scuole con lusinghiero profitto presso i vari collegi torinesi tenuti dai Padri Gesuiti. Scelse la vocazione al sacerdozio e, pur rimanendo in famiglia (allora era diffusa questa forma di vita), perfezionò la sua cultura all’università di Torino. Ricevette l’ordinazione sacerdotale il 23 settembre 1837 dall’arcivescovo mons. Franzoni.
La spiritualità e la filosofia politico-sociale del Rosmini influenzarono la sua formazione. Mons. Gastaldi, con profondo sentire intellettuale, esercitò l’apostolato in vari campi, anche come missionario in Inghilterra, dove per alcuni anni ebbe prestigiosi e difficili incarichi.
Ritornato a Torino, svolse con zelo il ministero sacerdotale in diversi ambiti.
Per i difficili rapporti che allora intercorrevano tra il governo italiano e la S.ta Sede, alcune diocesi del Piemonte erano vacanti, tra cui Saluzzo. La situazione venne a sbloccarsi verso l’anno 1867. Da alcuni storiografi si apprende che Don Bosco fu incaricato dal papa Pio IX (fra i due correvano buoni rapporti di fiducia) di preparare una lista di episcopabili, fra cui fu compreso il nome del canonico Lorenzo Gastaldi.
Nel concistoro del 27 marzo 1867 il papa promuoveva il teologo Gastaldi vescovo di Saluzzo. Il neo eletto, comunicava, in data 29 marzo dello stesso anno, la sua nomina al Capitolo della Cattedrale.
Fu consacrato vescovo il 2 giugno 1867 nella chiesa di S. Lorenzo in Torino, dall’arcivescovo Alessandro Riccardi, conconsacranti i vescovi Giovanni Baima e Carlo Savio, vescovo di Asti.
Fece il suo ingresso il diocesi il 9 giugno 1867.
Da un metodico e particolareggiato studio svolto dal torinese don Giuseppe Tuninetti, sulla figura di Gastaldi, si evince che la diocesi di Saluzzo allora contava 140.000 abitanti raggruppati in 91 parrocchie, suddivise in 13 vicarie foranee. Nell’arco degli anni dal 1867 al 1869 i sacerdoti diocesani erano 339, di cui 91 parroci, 47 viceparroci, 46 maestri e 155 cappellani.
Esercitavano il loro ministero anche gli ordini religiosi: in città ed in diocesi troviamo i “Servi di Maria”, i “Padri minori Francescani”, i “Padri francescani Cappuccini”. Tuttavia i conventi stavano svuotandosi a seguito delle leggi di soppressione del 1855 e 1866.
Il 13 luglio 1868, il vescovo indisse la sua prima visita pastorale durata fino al 1869.
Nella relazione inviata alla S.ta Sede affermava: “… che il popolo saluzzese osserva nella sua totalità la fede cattolica, anche se, dopo il 1848, sono cresciute di molto le difficoltà; il popolo professa pubblicamente la fede attraverso la partecipazione alla predicazione e ai sacramenti…”.
Sempre secondo Gastaldi sono pochissimi i matrimoni civilmente contratti.
Forma comune di evangelizzazione era il catechismo alla domenica e tutti i giorni durante la quaresima. La spiegazione del Vangelo era fatta durante la Messa domenicale. L’istruzione catechistica, invece, era impartita al vespro, con un triennale ciclo di lezioni: il credo, i sacramenti ed i comandamenti.
Poco diffusa la predicazione specifica, fatta eccezione per qualche parrocchia in cui si teneva il quaresimale. Quasi ovunque si predicava in dialetto piemontese, eccezione fatta durante la “missione al popolo” che spesso era a carico del comune il quale esigeva che uno dei predicatori tenesse le istruzioni il lingua italiana. La maggior parte dei fedeli si accostava al sacramento della Confessione e della Comunione due o tre volte all’anno, cioè in occasione delle grandi solennità. In progressivo aumento erano le pratiche di pietà devozionale, come la recita quotidiana del Rosario, della Via Crucis, ecc. La moralità in genere era buona, anche se un po’ dappertutto si diffondeva la piaga dell’ubriachezza, della bestemmia e l’inosservanza del riposo festivo.
Il numero elevato di persone aventi difetti fisici o mentali, secondo alcuni parroci, era dovuto all’alcolismo e ai matrimoni contratti tra consanguinei che in quegli anni si aggiravano sul 20%.
Non sempre l’autorità civile partecipava, ufficialmente, alle celebrazioni religiose; comunque i rapporti tra autorità civile e religiosa erano buoni.
Mons. Gastaldi, nell’aprile 1868, prese parte all’ostensione della S.ta Sindone a Torino. Giova ricordare come egli evidenziava i sentimenti provati nella lettera pastorale del 4 maggio 1868: “… la consolazione profonda che abbiamo provato nell’assistere alla solenne esposizione della SS. Sindone… I nostri Sovrani, custodi della Sindone, hanno la consuetudine che le nozze del principe ereditario siano rallegrate e benedette da una pubblica esposizione del Santo Lenzuolo…”.
Sua Maestà il Re, non volle che al matrimonio, or ora celebrato tra il primogenito principe Umberto e la principessa Margherita di Savoia, mancasse codesta festa religiosa… quindi nel mattino dell’ultimo venerdì del passato aprile, alla presenza della reale famiglia, l’arcivescovo di Torino, assistito dagli arcivescovi di Milano e di Udine e quattro vescovi fra i quali anche noi, avevamo la sorte dolcissima di trovarci all’estrazione dall’urna del S. Lenzuolo… Avemmo dolci consolazioni… E non abbiamo tralasciato di mettervi tutti, almeno col pensiero e con l’affetto, ai piedi di quel Sacro Lino, e direi collocarvi nelle piaghe del Redentore, nell’atto di trovarci in contatto con questa Sindone, non una volta sola, ma più volte… noi vi raccomandiamo caldamente che rivolgiate a questa Sindone i vostri pensieri ed affetti…”.

Attraverso le lettere pastorali, il vescovo, comunicava al clero ed ai fedeli i suoi sentimenti e non mancava mai di mettere in evidenza le difficoltà del tempo, maggiormente quella dei rapporti tra Stato e Chiesa.
Il problema “clero” occupa, nel ministero episcopale di mons. Gastaldi, un posto importante e lo affronta con impronta personale. Circostanze concrete, come il rifiuto del regio “exequatur” per poter prendere possesso del palazzo del vescovado, gli offrirono l’occasione di prendere personalmente in mano la formazione dei chierici del seminario. Infatti egli prese stabile dimora in esso (in quel tempo la direzione era affidata ai Gesuiti) e di fatto ne divenne il rettore.
Il 16 settembre 1868 così scriveva ai parroci:

“Molto Reverendo Signore
Il caro dei viveri ognora crescente, e le angustie in cui sono generalmente i Seminari mette questi stabilimenti nella necessità di non poter mantenersi se non con le pensioni degli alunni, epperò di portarle ad una somma più alta, come fecero quasi tutti sino dall’anno scorso. Il Seminario di Saluzzo si trova ora nelle stesse penose circostanze: e benché Noi abbiamo fatto quanto era in nostra mano per non dover aggravare i nostri cari chierici, pure presentemente ci vediamo costretti, per quanto vi ripugni il nostro cuore, di aumentare la pensione.
Adunque dichiariamo, che la pensione mensile a pagarsi da ogni chierico del nostro Seminario a bimestri anticipati, sarà di £ 30; mentre il vitto continuerà ad essere quale nell’anno scorso, però senza alcuna aggiunta nelle Domeniche, nei giorni di vacanza od in qualunque altro giorno.
Inoltre ogni chierico dovrà avere due cotte di lino fino con guarnitura, in piena conformità con quella che sarà loro mostrata per esemplare.
Gli studenti di teologia dovendo applicarsi anche allo studio della storia ecclesiastica, oltre al compendio del Perrone, si provvederanno dei 2 volumi del Wouters, che saranno forniti dal Seminario per £ 4,50.
I chierici della Conferenza morale dovranno provvedersi della Teologia dello Scavini, e sì questi, che quelli di teologia, dovranno avere ciascuno tutta la S. Scrittura, l’Imitazione di Cristo, ed un libro di preghiere.
Gli studenti di filosofia, dovranno avere oltre al trattato del Gunot il Catechismo grande della Diocesi, ed un libro di preghiere.
V. S. ne informi immediatamente i chierici della sua Parrocchia, e li avverta che nessuno sarà accettato in Seminario, senza che soddisfaccia anticipatamente alla spesa del 1° bimestre e si fornisca degli oggetti e libri sovra indicati.
La preghiamo infine di osservare ai genitori di questi chierici il merito inestimabile che si acquistano presso Dio, offerendo ad esso, ed apparecchiando per il sacro ministero questi loro figliuoli, così che pensando al bene incalcolabile che ne verrà alla Chiesa, e al premio che essi avranno in Cielo, volentieri si sottomettano ai sacrifizi che si richieggono per la loro ecclesiastica educazione.

Di V. S. Molto Reverenda.
Affezionatissimo nel Signore
LORENZO Vescov
o

Egli celebrava la Messa e dettava meditazioni alla comunità dei seminaristi, sedeva con i chierici a mensa. Sovente era docente di teologia e non gli mancavano le doti.
Era preoccupato per le vocazioni ecclesiastiche che, per vari motivi, si erano dimezzate anzi, a causa del servizio militare obbligatorio, per esentarne i chierici, istituì l’Opera di San Chiaffredo martire, con lo scopo di raccogliere fondi per il riscatto dal servizio, ordinando che l’Opera fosse istituita in tutte le parrocchie.
Degna di rilievo la lettera pastorale del vescovo circa l’indizione del Concilio Ecumenico Vaticano I del 16 maggio 1869 da parte di Pio IX.

Mons. Gastaldi partì per Roma il 16 novembre, dopo aver celebrato la S. Messa in Cattedrale e salutati i fedeli impartendo la Benedizione eucaristica.
Prese attivamente parte al Concilio e fu strenuo difensore dell’infallibilità pontificia. Giova ricordare che a capo degli stenografi del Vaticano I c’era il sacerdote don Marchesi, che divenne in seguito prevosto canonico della collegiata di Cardè.
Il 29 gennaio 1870 il vescovo fu presente a Roma nella chiesa del Collegio Americano quando il papa, alla presenza di molti cardinali e vescovi dichiarò venerabile il servo di Dio Giovanni Giovenale Ancina, avendo egli esercitato in modo eroico le virtù teologali, nonché le virtù cardinali.
Il vescovo fu attivissimo: di carattere forte ed accentratore, sensibile e generoso anche nell’assistenza caritativa, particolarmente verso l’Opera Gianotti, che raccoglieva giovani poveri e orfani.
Le fatiche e le varie difficoltà lo provarono molto anche fisicamente. Dopo l’esperienza della visita pastorale e, terminato il Concilio Vaticano I che aveva parecchio assorbito il suo tempo, pensò di programmare una specifica attività pastorale in diocesi. Indisse pertanto il Sinodo diocesano per i giorni 4, 5 e 6 luglio 1871. Le varie controversie e la salute malferma debilitarono il suo fisico, tanto da dover sospendere ogni attività.
Ritornato in buona salute, pose mano alla programmata attività episcopale.
Nel concistoro del 27 ottobre 1871 il papa lo trasferiva alla sede metropolitana di Torino. Contemporaneamente fu nominato vescovo di Saluzzo mons. Alfonso Buglione di Monale, Vicario generale.
Mons. Gastaldi resse l’arcidiocesi torinese per undici anni e morì il 25 marzo 1883, mattino di Pasqua.