Originario di Mondovì, conseguì il dottorato in filosofia e medicina; appassionato cultore di musica, fu arciprete della collegiata di Carmagnola.
Il 10 novembre 1627, papa Urbano VIII lo nominò Vescovo di Saluzzo, su suggerimento del duca Carlo Emanuele di Savoia.
Mons. Marenco fece il suo ingresso in città il 12 dicembre dello stesso anno.
Nel 1628 indisse la visita pastorale, dalla quale si ricava una discreta documentazione dello stato religioso parrocchiale, degli edifici sacri e della loro fondazione. Di particolare menzione la visita pastorale nel territorio di Paesana.
Nonostante il suo zelo lungimirante e prudente, il Vescovo dovette avvalersi dell’autorità di Vittorio Amedeo di Savoia per allontanare gli eretici dimoranti in Val Po.
Nello stesso anno si stabilirono in Saluzzo i Padri Agostiniani Scalzi, che trovarono sistemazione presso la chiesa della Croce Nera o Confraternita della Misericordia.
In ottobre, i superiori dell’ordine deliberarono di istituire nella città il noviziato e lo studentato; a tale scopo, acquistarono alcune casupole attigue alla confraternita e iniziarono la costruzione di una chiesa dedicata a San Nicola da Tolentino e la terminarono nel 1662.
Nel frattempo, a Paesana, si stabilirono i Padri Cappuccini, i quali avevano indirizzato in questa zona la loro attività missionaria durante l’episcopato di Mons. Ancina e Pichot.
Sul finire del 1633, mons. Marenco trascorse parecchie settimane a Paesana, coadiuvato dal vicario generale, il teologo Benedetto Cigna, dai Padri Cappuccini: padre Giuseppe e padre Mattia Ferreri (autore del famoso “Rationarium Chronographicum”) con cui si adoperò per far ravvedere gli eretici.
Il giorno di Natale presiedette la Santa Messa nella parrocchia di S. ta Margherita; in seguito passò a Pratoguglielmo e per le varie borgate.
Ai primi di gennaio dell’anno 1634, il vescovo fece rientro a Saluzzo dove nel giorno dell’Epifania si svolse una solenne processione, per la raggiunta unità religiosa .
In quegli anni, due gravi avvenimenti misero a dura prova la popolazione saluzzese e della diocesi: la peste e l’occupazione da parte dei Francesi. Le due vicende furono concomitanti e arrecarono grandi rovine e un elevato numero di morti. La guerra combattuta tra il principe Carlo Emanuele e le truppe francesi di Ludovico XIII, che volevano attraversare le terre del marchesato per recarsi a difendere Casale, fu molto dura. I soldati francesi depredarono i paesi e le valli di Saluzzo, diffusero ovunque il contagio della peste e da ultimo, il 18 luglio 1630, posero l’assedio alla città di Saluzzo. I soccorsi di Carlo Emanuele non giunsero. Mons. Marenco fece opera di mediazione, ma senza esito alcuno e la città il 20 luglio 1630 cadde nelle mani dei nemici che imposero insopportabili gravami alla comunità e ai singoli. Il Vescovo si prodigò oltre ogni dire per ottenere che i vincitori non mettessero in atto le minacciate ritorsioni contro gli eroici difensori della città.
Al fine di rinnovare ed incrementare la vita religiosa nella diocesi, il 27 e 28 aprile del 1632, tenne il sinodo diocesano. In tale occasione, particolare risalto ebbe il Seminario che il 30 ottobre 1629 era stato eretto come Seminario vescovile: si aprì con sei chierici, sotto la guida di don Giovanni Barbetto, che contemporaneamente era direttore delle scuole pubbliche in Saluzzo. Purtroppo l’Ente Seminario stentava a sopravvivere sia per la mancanza di mezzi economici e sia perché non c’era l’obbligo della frequenza neppure per gli stessi chierici. Il tutto contribuiva a far sì che non si apprezzasse l’importanza dell’istituzione, tanto raccomandata dal Concilio Tridentino. Allo scopo si deliberò di provvedere alla costituzione di un patrimonio, invitando sacerdoti e fedeli a libere offerte e di procedere all’annessione dei fondi del priorato di San Giovanni Battista in Falicetto.
Conviene ricordare la grave situazione creatasi in Saluzzo con il morbo della peste nel 1630. “Si videro le vie di Saluzzo ingombre di cadaveri, che per mancanza di becchini venivano gettati dalle finestre”. Morivano i cittadini a centinaia al giorno, e si conserva nell’Archivio civico un mandato del 26 agosto 1630 con il quale il sindaco Orazio de Pino ordina al tesoriere Giaffredo Arnaldo di pagare sei doppie di Spagna al capitano di giustizia, il quale aveva fatto seppellire 250 appestati morti nella notte precedente. Una raccolta di manoscritti dei Padri Cappuccini di Madonna di Campagna in Torino racconta che il Saluzzo “vi sono più di cento e trenta case, ove sono morti tutti”.
La mortalità si manifestò in quell’estate anche in tutto il circondario; nella sola Costigliole Saluzzo dal giugno a tutto ottobre si contano sui registri parrocchiali 498 vittime. Saluzzo dall’immane flagello da circa 20.000 abitanti che si avevano all’inizio del 1600, fu ridotta a 6000.
Mons. Marenco, nell’anno 1635, fu trasferito, dal papa Urbano VIII, alla sede vescovile di Nizza, ove morì nel 1644.