Giuseppe Filippo Porporato, dei marchesi di Sampeyre e Piasco, nacque il 5 giugno 1698 a Piasco.
Mons. Morozzo lo nominò canonico della cattedrale nel 1722. Rinunciò al beneficio canonicale per assumere la cura parrocchiale di Vigone, dove profuse il meglio di se stesso.
Il papa Benedetto XIV , su proposta del re Carlo Emanuele III, lo preconizzò vescovo di Saluzzo il 17 aprile 1741. Nello stesso mese ricevette la consacrazione episcopale a Roma e il 29 giugno fece l’ingresso in diocesi. L’avvenimento ebbe particolare risalto per le numerose poesie e sonetti pubblicati secondo l’usanza di quegli anni.
Ebbe a comporre non poche divergenze fra il clero cittadino e quello di Carmagnola. I problemi maggiori però gli derivarono dalle monache di Revello, le quali, ricorrendo alla protezione civile contro il decreto vescovile del 1745 emanato a seguito di alcuni disordini avvenuti nel convento, non volevano sottostare agli ordini.
Mons. Porporato inutilmente riprese la causa per aggregare alla diocesi di Saluzzo l’Abazia di Villar S. Costanzo, secondo quanto era stato stabilito nella bolla pontificia da Giulio II del 29 ottobre 1511.
Nel 1745, con zelante impegno, compì la prima visita pastorale, alla quale fece seguito la seconda nel 1763. Di entrambe scrisse particolareggiate relazioni.
La bolla pontificia del 13 agosto 1764 soppresse il Priorato di Pagno e i beni restanti furono uniti alla mensa vescovile. Il re Carlo Emanuele III investì il vescovo di Saluzzo del luogo di Pagno come suo feudo col titolo signorile di “Conte” e “Priore commendatario”; titolo che i vescovi di Saluzzo portarono fino al Concilio Vaticano II. Il primo vescovo a godere dei beni residui del beneficio del priorato di Pagno e ad ornarsi del titolo gentilizio fu appunto mons. Porporato.
Fra le varie sollecitazioni pastorali, una di primaria importanza fu il buon andamento del seminario. Anche la Cattedrale fu oggetto della sua attenzione. Nel 1747, con suo personale contributo, fece ultimare la pavimentazione già intrapresa dal capitolo grazie ad una significativa eredità del vescovo mons. Lomellino.
Il 27 agosto 1763, consacrò la chiesa parrocchiale di Oncino e in settembre la parrocchiale di San Giovanni Battista di Piasco.
Nel 1747 sollecitò la prosecuzione della causa di beatificazione del vescovo Ancina.
Celebrò nel 1750 il sinodo diocesano, le cui costituzioni rimasero vigenti fino a quelle emanate dal vescovo Mons. Monale nel sinodo del giugno 1885 e costituì un punto di riferimento per la vita diocesana.
Per suo diretto interessamento e sostegno finanziario, nel 1771 ebbe inizio la costruzione, in stile barocco, del campanile del duomo, che fu elevato di oltre XX trabucchi (m. 64 compresa la croce – il trabucco equivale a m. 3,023); una lapide in marmo bianco porta scolpite le armi gentilizie del vescovo ed è infissa nello stesso campanile dalla parte volgente verso la città; indica l’altezza della antica torre e la nuova elevazione. Fu installato poi l’orologio a spese del vescovo, il quale assegnò un fondo per la manutenzione. Al di sopra dell’orologio sono installate le quattro campane. La maggiore fusa durante l’episcopato di mons. Della Chiesa con la scritta: “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum… 1652. Regnante Episcopo Francesco Augustino ab Ecclesia”.
La seconda con impresse le insegne gentilizie della famiglia Vacca ha inciso il millesimo 1495.
Sopra la terza è scritto: “Assunta est in caelum” e l’anno 1616.
La più piccola, del medesimo anno ha scritto: “Venite ad me omnes”
All’ultimo piano è collocata la campana dell’orologio con una spaziosa balconata munita di cancelli di ferro: ai quattro angoli si vedono le lettere: “G.F.P.2” e cioè Giuseppe Filippo Porporato.
Sovrastava questo piano la cupola, coperta di rame verniciato. Nel 1812 essa subì lavori di restauro e fu completamente rifatta in rame nel 1939 dalla Ditta Del Grosso Pietro di Saluzzo.
Mons. Porporato fu sensibilissimo alle necessità degli emarginati e dei bisognosi. Nel 1760, chiamò a Saluzzo per dirigere il “Ritiro” (orfanotrofio), sorto nella città per volere dell’arciprete Francesco Balbis nel 1729, la fondatrice delle Suore Rosine Rosa Govone rassicurandola del suo appoggio nei momenti difficili.
Unitamente al Conte G. B. Viale di Brondello, il vescovo fu confondatore del “Monte di Pietà” al quale legò parte dei suoi beni.
Nella Cattedrale di Saluzzo, all’altare del S. Cuore, vi è una devota tela raffigurante la “Madonna” che secondo Mons. Porporato era propria del beato Ancina.
Negli atti relativi alla visita pastorale del 1743 mons. Porporato annota: “… devotam imaginem B. Mariae super tela, in qua hobentur insigna gentilitia quandom venerabilis Juvenalis Ancinae, Salutiarum episcopi, et fertur eam esse quam ipse in proprio cubiculo retinebat” (“…. è collocata una devota immagine della B. V. Maria dipinta su tela, sulla quale è riportato lo stemma gentilizio del Venerabile Giovenale Ancina, Vescovo di Saluzzo. Si dice fosse quella che egli aveva nella sua camera da letto).
Mons. Porporato benedì il nuovo ospedale costruito su disegno dell’architetto Gallo che doveva la sua istituzione alla elargizione fatta alla Congregazione di Carità, da parte del prevosto del duomo don Alessandro Ignazio Marucchi, vicario capitolare alla morte di mons. Lomellino.
Fu generosissimo e tante parrocchie beneficiarono della sua munificenza; fra esse la parrocchia di Brossasco alla quale fece dono di un Ostensorio d’argento con custodia di velluto verde recante lo stemma del donatore.
Molto lineare e precisa fu la posizione assunta dal vescovo contro la dottrina giansenista, nonché la sollecitudine nell’estirpare il falso rigorismo.
Nel 1773, dal papa Clemente XIV fu soppressa la “Compagnia di Gesù” e il vescovo rimase molto perplesso del provvedimento, conoscendo l’intervento politico che aveva causato quella decisione. Stimava molto i Gesuiti, i quali a Saluzzo tramite l’insegnamento e la predicazione si erano conquistati tanta stima e avevano divulgato in tutta la diocesi la devozione al Cuore Santissimo di Gesù.
Nell’agosto 1768 volle che fosse predicata una straordinaria “missione” in duomo, conclusasi il 1 settembre con una solenne processione.
Uomo di preghiera e di sacrificio, seppe unire all’autorità l’amabilità e la generosità. A Piasco nella cappella marchionale è conservato il cilicio che sempre indossava.
Morì il 20 giugno 1781, dopo quarant’anni di episcopato (uno dei più lunghi nella storia dei vescovi diocesani) e sepolto in duomo.
Il Capitolo della Cattedrale ancora vivente dedicò al vescovo, nella sacrestia, una eloquente lapide commemorativa composta in stile versatile dall’arciprete Balbis che tradotta recita: “…
Alla memoria del Rev.mo in Cristo Padre
Monsignor Giuseppe Filippo Porporato, dei Marchesi di Piasco
Vescovo di Saluzzo
Prelato sollecito quant’altri mai
nell’adempimento di ogni qualunque parte del pastorale ministero
il quale profuso per ogni modo nel sovvenire i bisogni con denaro.
Nel procurare agli infermi generosi sussidi,
nel pacificare colla persuasione le discordie delle famiglie.
Nel richiamare coi suoi consigli gli erranti sul buon sentiero.
Nel confortare i moribondi con commuoventi esortazioni.
Mostrandosi munificentissimo verso la sua chiesa cattedrale…
Arricchì la sacrestia di doviziose suppellettili
…nobilitò il tesoro nella sua chiesa donando un ostensorio d’argento
elegantemente ornato di ametiste, di smeraldi e altre gemme di sommo valore.
Con riconoscenza i canonici nell’anno XL del suo Vescovado