Diocesi di Saluzzo | San Chiaffredo e San Costanzo martiri Patroni della Diocesi

Per una nuova evangelizzazione

Giubileo e Fede
29 Dicembre 2024
Carissimi, come è bello oggi stare insieme, essere Chiesa in cammino all’inizio di questo Giubileo. Per varcare la soglia che introduce al mistero di Dio, bisogna uscire da se stessi, affidarsi a Dio e fidarsi di Lui. In questo la fede non è iniziativa umana, ma risposta. La fede non è un vago sentimento che spunta in certi momenti dell’esistenza, ma è affidamento ad un messaggio che ha la caratteristica di un incontro.
Già nell’antico testamento la fede viene percepita come frutto di un’iniziativa di Dio: “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti … Riconoscete, dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele … (Dt 7,7-9). Ancora più chiaramente spiega il dinamismo della fede Gesù stesso: “Nessuno può venire a me se non l’attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6,44).
Sta qui l’originalità della fede rispetto alla religione: questa è una dimensione antropologica, che caratterizza la persona come soggetto aperto a Dio, che si esprime nel dinamismo della ricerca e dell’inquietudine, come scrive Agostino nelle Confessioni (Cap.1).
La fede, è dono dello Spirito Santo che si rivela come luce per l’intelligenza, come desiderio e attrazione del cuore, come accoglienza del Signore nella vita personale. Pertanto quando usiamo la parola “fede” intendiamo richiamare due aspetti: Dio crede nell’uomo e l’uomo crede in Dio e nella sua fedeltà; là dove la fede di Dio nell’uomo significa che Dio ha fiducia nelle sue creature, le ama; e l’uomo si affida totalmente Lui. La fede è dono che discende dall’alto e diventa decisione responsabile dell’uomo.
E così c’è una sorgente precisa della fede, che mette in evidenza il primato assoluto di Dio; e la sorgente è la Parola di Dio che zampilla e passa nella vita dell’uomo attraverso il cuore.
“La rivelazione biblica è essenzialmente parola di Dio all’uomo, infatti, mentre nei misteri greci e nella gnosi orientale, la relazione dell’uomo con Dio si fonda soprattutto sulla visione, secondo la Bibbia “la fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17) (X. Léon-Dufour).
Ma l’ascolto non significa solo prestare attenzione con l’orecchio, bensì vuol dire aprire il cuore (Atti 16,14), accogliere la Parola (Mc 4,20), custodirla (Lc 8,21), obbedire (Rm 1,5).
Il cuore è il sacrario in cui Dio parla; ma la fede non si esaurisce nel movimento interiore del cuore; diventa professione e cioè testimonianza visibile, manifesta, impegno pubblico. Non a caso si può affermare che la dinamica della fede è un cammino permanente che si annuncia come conversione della vita e adesione al progetto di Dio che si rivela attraverso la sua Parola.

Educare ad una fede matura
La domanda cruciale che si pone in questo contesto povero di speranze e attraversato da una soffocante mediocrità, è precisa: “In che cosa consiste la maturità di fede? Quali i mezzi per nutrire una fede che abbia gli stessi anni della vita? Una fede adulta consiste nel “fare esperienza di Dio”.
In verità i due termini sembrano evocare un incontro impossibile: quando si dice esperienza viene spontaneo immaginare l’orizzonte delle cose che si vedono e si sentono.
Invece la fede, nella sua verità più profonda, la sua maturità, è l’esperienza di Dio che si realizza nella sequela di Gesù; e la sequela consiste in una relazione concreta con il Signore che l’evangelista Marco descrive con alcuni verbi che esprimono comunanza di vita: Gesù “salì sul monte, chiamò a sè quelli che voleva ed essi andarono da lui” (Mc 3,13).
Pertanto quando si vuole evocare un’esperienza di Dio, si coinvolge Gesù il quale ha infranto l’infinita distanza e si è fatto prossimo di ogni uomo rendendo possibile l’esperienza di Dio. Il che significa dare concretezza ad alcuni verbi: come il condividere, il seguire, l’imitare, il conformarsi al modello di un Dio che si è reso visibile e dona la grazia di diventare come Lui. Gesù, infatti, non chiama i dodici per insegnare la Legge o per trasmettere una tradizione religiosa; ma per farli entrare in comunione con Lui e condividere la sua missione. Il cristiano, incontra una persona concreta – Gesù -, ne conosce il pensiero, ne imita gli atteggiamenti della vita: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29).
Possiamo, dunque riconoscere la differenza della fede cristiana. Oltre il suo primato nel dare un senso alla vita, possiamo ben ricordare che nulla si sottrae alla capacità di illuminare ogni piega, ogni domanda problematica dell’esistenza. Pensiamo, ad esempio, allo scacco più drammatico che irrompe nel segmento dell’esistenza umana: la morte, anch’essa acquista significato solo alla luce del Cristo morto e risorto. Nessuna esperienza della vita può eludere la domanda, e nessuna può eludere la risposta della fede.
Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede.
Non è sufficiente dire “io credo”, ma occorre ripetere “noi crediamo”, a partire dal roveto ardente dell’Eucaristia, il segno vertiginoso dell’amore di Dio fra gli uomini. Per questo è bello credere, è bello essere cristiani.
cristiano bodo
vescovo

dal Corriere di Saluzzo del 9 gennaio 2025

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