Senza desiderio?
Nella tradizione monastica, il profeta Daniele ricorre con una frequenza straordinaria. Questo giovane profeta dei tempi d’esilio, a Babilonia, sin da ragazzo sa fare scelte contro corrente, sa interpretare i sogni, finisce nella fossa dei leoni e nel fuoco, vede la violenza dei tempi e annuncia la venuta di un potere di pace.
Daniele è l’umanità che conserva il desiderio. E così afferma la letteratura monastica: è monaco chi, come Daniele, desidera! Non chi vive in monastero, ma lo abita desiderandolo. Sta pregando Dio non chi fa l’azione, ma chi la compie desiderando farla.
E noi potremmo continuare questa melodia: è amante, non chi ha una relazione, ma chi oggi desidera stare con l’amato; è genitore non chi ha un figlio, ma chi custodisce adesso il desiderio di essere padre o
madre; è cittadino non chi ha un documento, ma chi ama i diritti che ha ricevuto. E si può continuare.
Il tempo del desiderio
Il tempo di Avvento si apre con il tema dell’attesa, degli ultimi tempi e della promessa. È fondamentale per noi cristiani lasciarci formare dalla liturgia e non dai ritmi del consumo, certo necessari ma in ultimo
disumanizzanti. Queste settimane saremo bombardati di immagini e messaggi di affetti da nutrire con oggetti, di piaceri da condividere. Cose belle, ma sono per tutti? E bastano?
La liturgia invece parte dal chiederci: che cosa desideri? Attendi ancora qualcosa? Che ne hai fatto del desiderio rispetto ai tuoi giorni? Sei una persona libera che è schiava del suo ritmo automatico?
Che cosa attendiamo?
L’ascolto profondo ci stupisce. Le persone si mostrano più felici e disposte a far figli non quando c’è benessere, ma quando c’è speranza di migliorare. Ha ben ragione Papa Francesco a invitarci ad un
Giubileo della speranza. La grande storia è fatta da visi precisi: il nostro accoglie le sfide con speranza o meno?
La speranza cristiana non è ottimismo, non è questione di condizione esteriore, ma è frutto della fiducia nella promessa di Dio. Che non deluderà!
Non ne abbiamo il controllo, ma dargli fiducia apre la nostra umanità, entra in ogni nostra fibra, trasforma il linguaggio, lo sguardo, l’azione. Il tempo dei consumi sfinisce e manifesta le ingiustizie, umilia l’ecosistema, immerge nell’inutile ingombrante. La speranza è sobrietà, lentezza, custodia del profondo, gratitudine, coraggio, gratuità.
L’Avvento come calendario
Ancora una parola sul commercio. Tra gli oggetti di moda, si diffonde anche da noi l’uso dei calendari di Avvento: al posto però delle parole dei profeti, stanno cose da consumare. È bello non far mancare a noi e ai bambini, accanto a questo nuovo gadget, qualcosa che ci nutra il cuore.
Così l’Avvento ci è offerto con un ritmo sorprendente. Si inizia con l’annuncio della fine dei tempi, della vita eterna. E poi si torna all’attesa del Messia, per poi entrare nella Festa del Natale del Signore, la sua
presenza. Verrà come giudice lo stesso Dio che è venuto nella tenerezza di Betlemme: non temere. Viene oggi quel Dio che abbiamo desiderato per millenni prima della sua incarnazione.
La teologia dell’Avvento
Ecco la teologia d’Avvento. Rialzati: Dio non ti ha dato la vita per lasciarti solo. Egli torna, risvegliati, usa il tuo tempo con sapienza e speranza. Se Dio è venuto a Betlemme in modo discreto per salvarti, come potrebbe ora essersi allontanato?
Le due “venute” sono essenziali per la nostra speranza. Esse ci danno il senso di cosa dobbiamo attendere, visto che Dio si è fatto vicino e verrà ancora nello stesso modo. Dobbiamo attendere, perché siamo attesi. “Rialzati, per te Dio si è fatto uomo” (S. Agostino).
Don Marco Gallo
Sul Corriere di Saluzzo del 28/11/2024