Proseguiamo l’argomento “Liturgia della Parola”, soffermandoci sui singoli quadri che la compongono. Questa parte così importante della Celebrazione si struttura in momenti ben distinti che vedono i fedeli assumere, non solo fisicamente, “posizioni diverse”. All’inizio i fedeli sono seduti.
La Liturgia della Parola ha un suo montaggio, ovvero una successione di “episodi” che si può così schematizzare: 1. Prima lettura; 2. Salmo; 3. Seconda lettura; 4. Vangelo; 5. Omelìa; 6. Credo; 7. Preghiera dei fedeli.
La Chiesa, nel corso della sua storia, ha stabilito quante e quali debbano essere le letture proclamate, quanti e quali i momenti di ascolto e i momenti d’azione. Nella Celebrazione domenicale si prevedono tre letture: le prime due extra-evangeliche, la terza dal Vangelo. La prima lettura è presa, solitamente, dall’Antico Testamento, mentre la seconda dalle Lettere Apostoliche. Nel tempo di Pasqua, invece, la prima lettura è presa costantemente dagli Atti degli Apostoli. Fra prima e seconda lettura si inserisce un salmo, detto responsoriale, perché l’assemblea dei fedeli risponde con un ritornello. Le letture non sono scelte a casaccio, ma sono concatenate secondo un criterio logico-didattico: il tema, per così dire, è dato dal Vangelo, del quale la prima lettura dovrebbe, in qualche modo, prospettare l’antefatto anticotestamentario. Il compito del Salmo è quello di fare da eco al tema della prima lettura. La seconda lettura, invece, entra o non entra in questi richiami concettuali, a seconda del tempo liturgico.
In ogni caso la Liturgia della Parola è costruita con una progressione tendente al Vangelo, che rimane l’elemento biblico più ragguardevole e importante, e come tale viene trattato anche sotto l’aspetto del rituale. La proclamazione del Vangelo è sempre preceduta da una sorta di canto trionfale: l’Alleluia, che in ebraico significa “Lodate Dio”. E’, infatti, impossibile accingersi all’ascolto della parola del Signore, senza intenzioni di lode. Al canto dell’Alleluia i fedeli si alzano in piedi. La lettura del Vangelo, proclamata dal Celebrante o da un diacono, ove presente, può essere vegliata da candelieri, simboleggianti la fede, e può ricevere l’onore dell’incenso.
La Liturgia della Parola non si esaurisce con la lettura e il conseguente ascolto, perché attorno ruotano elementi complementari, che ne sottolineano e ne completano il significato: l’omelia, il Credo e la preghiera dei fedeli. L’omelia è la spiegazione delle letture; infatti il Celebrante ne illustra il significato, evidenziando gli impegni esistenziali che ne derivano. Il Credo è la professione di fede. Se le letture hanno il compito di alimentare la fede, è altrettanto giusto che la fede sia dichiarata coralmente da tutti i partecipanti alla Celebrazione.
Il cristiano, infatti, si identifica per la sua Fede. Questa formula antichissima si è venuta costituendo poco alla volta, a mano a mano che la Chiesa prendeva coscienza del proprio patrimonio dottrinale. Gli enunciati fondamentali si trovano negli scritti del Nuovo Testamento (Mt 16,16; 28,19; 1Cor 15,3-5), ma la loro organizzazione concettuale è frutto di una riflessione successiva, sancita autorevolmente da due Concili, quello di Nicea (325) e quello di Costantinopoli (381): per questo si chiama credo niceno-costantinopolitano.
La fede, a sua volta, fa scaturire nei credenti la necessità della preghiera, e quest’ultima è efficace, proprio perché è fatta con fede. Si legge, infatti, nei Vangeli “Un solo granello di fede smuove alberi e monti” (Lc 17,6; Mt 21,21). La preghiera dei fedeli, che conclude la Liturgia della parola, è una Supplica a Dio. I fedeli si rivolgono al Signore, chiedendo aiuto, per varie necessità: per la Chiesa universale, per la comunità locale, per il mondo e per i suoi immani disastri. E’ una preghiera stilisticamente complessa, pronunciata a più voci con il celebrante che inizia e conclude e un lettore che enuncia le varie intenzioni, mentre l›assemblea interviene con una risposta a forma di ritornello (solitamente Ascoltaci, o Signore). Tutte le altre preghiere, recitate durante la Celebrazione, sono rigidamente codificate dal Messale, questa, invece, è una preghiera libera: ogni comunità dovrebbe, domenica per domenica, esprimere, con sobrietà e chiarezza, intenzioni legate alle necessità e situazioni presenti in diocesi o nella parrocchia medesima. Al termine di questa parte i fedeli si siedono. L’assemblea si prepara a dare inizio ai riti propriamente eucaristici.