Nel vangelo leggiamo che Gesù “ebbe compassione” (Mc 6,34) oppure vengono annotati sentimenti di amore verso la gente che lo cerca e lo segue (Gv 11,35). Sono istantanee del suo cuore che insieme alle sue parole ed ai suoi gesti rivelano il volto del Padre; la casa di Pietro è gremita all’inverosimile quando Gesù si china sui bisogni delle persone (Mc 1,33). C’è il tempo dei discorsi – pensiamo ai discorsi di Gesù contenuti nel vangelo di Matteo – e c’è il tempo dell’agire. Sono vie concrete per comprendere l’agire del Signore e sono istruzioni per il nostro vivere ed agire come Chiesa. Sicuramente oggi abbiamo necessità di riunirci in assemblea per verificare come essere Chiesa e quali strategie adottare per un nuovo annuncio del Vangelo, ma la Chiesa non è pura astrazione: non esistono soltanto teorie, incontri, riunioni, convegni. È questo il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno, comunità missionarie, libere e disinteressate che non si fermano al tecnicamente perfetto, ma percorrono i sentieri del nostro tempo, incontrando sguardi, percependo desideri, sogni, ansie, lotte, sfide, disuguaglianze. È il tempo – e non occorre perderne ancora di più – per andare verso i giovani, accogliere gli stranieri, dare speranza agli sfiduciati. È il tempo di comunità modellate sull’esempio del buon samaritano, che sappiano farsi prossime a chi è ferito nella vita. La pandemia ha mandato all’aria tanti progetti, ha chiesto a ciascuno di confrontarsi con l’imprevisto; accogliere l’imprevisto, invece che ignorarlo o respingerlo, significa restare docili allo Spirito, e soprattutto, fedeli agli uomini e alle donne del nostro tempo. Questo vale anche per la nostra Chiesa, dove il Covid-19 ha accelerato processi in corso precedentemente lasciandoci smarriti. Gesù risorto invia i suoi discepoli in tutto il mondo a proclamare il vangelo e curiosamente l’invio si conclude con questa frase: “Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l’accompagnavano” (Mc 16,20). Il vangelo ci assicura che l’azione appartiene al Signore, è Lui ad averne l’esclusiva. Ricordare questo non significa deresponsabilizzarci, ma portarci alla nostra identità di discepoli – missionari. Ricordare che l’azione appartiene al Signore è comprendere che lo Spirito come la sorgente della missione; solo così il cuore di Gesù diventa il nostro quando ci mettiamo in gioco per agire come Lui.