Ap 12,1 ci pone subito di fronte come primo elemento la «donna», soggetto portante di tutto il quadro simbolico. È evidente l’allusione al popolo dell’AT, con il rapporto sponsale tra il popolo e Dio, e con le vicende che tale rapporto comporta. La donna-popolo è avvolta di sole; ciò significa una cura e premura tutta particolare di Dio nei riguardi della donna, alla quale Dio dona la sua creatura più bella, il sole. Il simbolo della luna sotto i suoi piedi ci dice che il popolo di Dio domina il tempo; questa perennità impedisce di circoscrivere il popolo di Dio all’AT: la donna rappresenta, in continuità con l’antico, il nuovo popolo di Dio. Infine la corona di dodici stelle richiama le dodici tribù e i dodici apostoli dell’agnello (21,12); talvolta i due aspetti sono sommati (vedi i 24 vegliardi) nella prospettiva unitaria di un unico grande popolo di Dio. Nel nostro caso le dodici stelle indicano soprattutto i dodici apostoli dell’Agnello che illuminano col loro insegnamento la vita della chiesa. Ap 12,2 presenta questa donna-chiesa che sta per diventare madre. É incinta, ha cioè una realtà da esprimere e da comunicare. Ciò avverrà tramite un parto particolarmente difficile: la donna urla ed è torturata nel dare alla luce il bambino; nonostante le doglie acute essa vuol partorire. Qual è questa realtà misteriosa che la donna-chiesa ha dentro di sé e perché tanta insistenza sullo spasimo lancinante del parto? Ad una simile immagine così elaborata corrisponde infatti una realtà drammatica: l’immagine di un essere mostruoso, un grosso drago color rosso, simbolo di un’opposizione al bene e di una lotta contro la divinità; un sistema di potere terrestre, chiuso alla trascendenza, che tende ad eliminare la presenza di Dio e di Cristo. Ma questo regno del mondo diverrà «il regno del Signore nostro e del suo Cristo» (11,15). Questo nuovo regno esprimerà Cristo in tutta la sua pienezza; si avrà una realizzazione piena di Cristo morto, risorto e asceso al cielo, la sua piena statura (cf Ef 4,10-13b). Attuando progressivamente il regno nella storia, il Cristo risorto e asceso al cielo tende a crescervi coi suoi valori personali, fino al livello della sua pienezza. Intanto Cristo è già presente e vivo nella sua Chiesa. É questa la realtà che la donna-chiesa incinta possiede e che deve esprimere nella concretezza della sua storia, facendovi crescere e sviluppare quei valori di Cristo di cui è portatrice. La metafora del parto esprime precisamente il passaggio dal Cristo posseduto dai discepoli di Gesù, che costituiscono la donna-chiesa, alla crescita di Cristo nella storia!

Don Michelangelo Priotto