Un rito incantato

Prima del 1969 nessuna madre assisteva al battesimo del proprio bambino. Battezzati quam primum (il prima possibile), i piccoli era portati in parrocchia dal padre e dalla madrina o dal padrino. Il rito si compiva in pochi minuti, ma era chiarissimo e pieno di meraviglia. Sarebbe interessante poterlo rivedere: il parroco si rivolgeva al bambino come
se fosse un adulto e lo interrogava: “che cosa chiedi alla chiesa?”. Era la madrina o il padrino a parlare al posto dell’infante. “Chiedo la fede!”. I gesti pieni di incanto erano quelli anticamente fatti sui catecumeni adulti. Per questo, nessun
accenno era fatto ai genitori.
La mamma e il suo gesto libero La mamma assente era attesa invece a quaranta giorni dal parto. Il parroco
compiva con lei un bellissimo rito, detto della Purificazione della madre. Non inganni il nome, non si trattava d’essersi allontanata da Dio con il parto, al contrario! La donna partorendo compie un’esperienza riconosciuta come religiosa, e
lei stessa vive prove e dinamiche straordinarie. Per questo le era chiesto un tempo di respiro e poi il bellissimo rito di affidamento a Dio, in cui la madre riconosceva che quella vita preziosa e piccola le era stata concessa in dono, non in proprietà.
In un certo senso, la madre riconosceva in modo grato la libertà del nato, figlio di Dio più che della famiglia.
Il rito rinnovato.  In modo molto appropriato, la recente riforma liturgica ci ha consegnato un Rito per il battesimo dei bambini che si celebra quando è opportuno, cioè con più calma. Purtroppo, le logiche invalse tendono a spostarlo sempre più avanti, tanto che coincide a volte con bambini capaci di interagire ma non di accompagnare i gesti così significativi. Meglio sarebbe rispettare ciò che il buon senso rituale fa capire: o piccoli fino a pochi mesi o grandi ma iniziati a partecipare come a un gioco al sacramento.
Quando invece il rito è accolto con la sua bellezza, esso coinvolge entrambi i genitori, a cui si chiede di assumere la vocazione di primi iniziatori alla fede. E i padrini, meravigliose figure di aiuto educativo. Nel rito del matrimonio – e nel suo
processicolo – come nel battesimo, la comunità riconosce che la fede non viene per legame di sangue, è scelta libera, ma
è preparata soprattutto in casa.
Con l’aiuto della comunità. Per accendere la fede non basta la casa, occorre un villaggio. Per questo i nostri
cammini di iniziazione cristiana cercano di essere un bagno di vita ecclesiale, fatto di catechismo, riti, campeggi, giochi,
visite ai luoghi della vita, occasioni di fraternità. Il contenuto dell’annuncio va offerto con ampiezza e precisione: non basta volersi bene! C’è un dono di sapienza.
Ma è ben chiaro a tutti che la prima grande rete che trasmette il senso del religioso è quella della fiducia tra parrocchia e
famiglia. Dopo tanti cambiamenti e tentativi, il metodo Passo dopo passo adottato dalla diocesi cerca di offrire occasioni realistiche in cui questo può avvenire.

Don Marco Gallo