La fede si tramette per contagio. Professione solenne in Cattedrale di Suor Alice Morello delle suore di Maria Ausiliatrice dell’Oratorio don Bosco
La comunità saluzzese si appresta a vivere, con grande gioia, l’appuntamento di sabato pomeriggio 15 ottobre, quando in Cattedrale (alle ore 16.30) suor Alice Morello dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice farà la sua professione perpetua. Suor Alice, 32 anni, è a Saluzzo dal 2018, da quando, insieme a suor Angiolina e a suor Rosa, è arrivata per occuparsi dell’Oratorio don Bosco di via Donaudi. Un’altra esperienza significativa in ambito educativo che ha caratterizzato fin qui la vita di suor Alice è senza dubbio quella di formatrice all’interno dei Centri di formazione professionale salesiana, in passato al Ciofs, ora al Cnos nella sede di Saluzzo. La abbiamo incontrata alla vigilia di questo importante momento per condividere con lei alcuni spunti di riflessione. Suor Alice, riusciresti ad identificare uno o più momenti particolarmente significativi della tua vita che ti hanno portato a maturare questa importante scelta? Direi un primo “risveglio” alla ricerca di Dio nella mia vita è stato Loreto 2007, con l’Agorà dei giovani italiani. Ci sono andata per curiosità e molta inconsapevolezza, più che altro perché partecipavano i miei amici dell’Oratorio. Avevo 17 anni e non ero particolarmente aperta alla fede. Di fronte a 500.000 giovani durante la veglia serale mi sono detta “O sono tutti pazzi, oppure devo iniziare a farmi due domande…”. In mezzo a tante strade ed esperienze, c’è stata una presenza costante nella mia vita: l’oratorio, l’incontro con i ragazzi, la loro storia e soprattutto l’esperienza di Don Bosco che mi veniva narrata e che vedevo prendere vita in quello che mi circondava, in quello che avevo ricevuto e vissuto. Poi ricordo il Vangelo che mi è stato messo in mano un po’ “per caso” e in cui ho imparato pian piano a leggere e riflettere la mia vita. I primi ricordi della tua vocazione a quando risalgono? Non so esattamente come e quando si sia aperto nel mio orizzonte la possibilità di diventare suora salesiana, è stato un processo lento e molto combattuto. Non era certo nei miei piani… Avevo circa 20 anni e prima di chiedermi che strada prendere, in me emergevano soprattutto domande legate alla fede cristiana. I giovani oggi vivono spesso schiacciati da una mentalità mondana dominata dal relativismo. In che modo è possibile convincerli a seguire Gesù e Maria sull’esempio di don Bosco e Maria Mazzarello? Non riesco a guardare i giovani pensandoli schiacciati da mentalità mondana e da relativismo, sono certo figli di questo tempo, come tutti noi, ma preferisco di più guardarli come portatori attivi di novità molto belle e interessanti. Il problema non è convincerli a seguire Gesù, nemmeno lui cercava di convincere nessuno, il problema è essere noi più adulti realmente convinti che l’amicizia con Lui sia ciò che di più bello ab biamo, perché ne abbiamo fatto realmente esperienza e non l’abbiamo solo “pensata”. La fede si trasmette per “contagio”, non per propaganda, la fede deve essere incarnata in vite che affascinano per la bellezza e la pienezza che dà questa sequela, che chiama a vivere come figli e fratelli. Se si vive questo, non serve aggiungere parole o slogan apparentemente efficaci, che rischiano di diventare “fuochi d’artificio” e non cammini autentici. C’è qualche momento, in questi 4 anni trascorsi a Saluzzo, che ti va di ricordare in modo particolare? Il lavoro di costante collaborazione con la diocesi, i preti della città e i nostri adulti volontari. L’oratorio che non ha mai chiuso il cancello durante la pandemia e tutta la fatica e la bellezza di restare accanto ai bambini e i giovani con ogni mezzo possibile. E poi i campi invernali ed estivi con i giovani più grandi, le settimane comunitarie: tempi e luoghi in cui si condivide veramente tutto. Vivere l’oratorio oggi è diverso rispetto a 15 o 20 anni fa? Certo, come è diverso ogni anno e come sarà diverso anche l’anno prossimo. Ogni oratorio ha la sua storia, il suo tempo, le sue persone. L’Oratorio va vissuto nel suo contesto, nel suo tempo e con le sue persone. I tempi cambiano, i contesti cambiano, i giovani cambiano. Ogni anno ha le sue novità e chi è chiamato a coordinare questo ambiente deve essere disposto continuamente a mantenersi in una dinamica di cambiamento, orientata dall’ascolto dello Spirito che si concretizza nell’ascolto delle persone, del territorio, delle richieste, dell’inedito! Avendo sempre chiaro l’orizzonte verso cui si tende.