Il sogno di una vocazione. Un cammino che si fa in due
Il tema della 58ª Giornata Mondiale di Preghiere per le Vocazioni nasce da una espressione contenuta nella Esortazione Apostolica “Gaudete et Exsultate”, di Papa Francesco dove si dice che: «la santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due».
L’obiettivo è quello di riconosce alla vocazione oltre alla dimensione personale, anche quella comunitaria.
Vocazione: cammino di santità insieme a qualcuno
La vocazione non è mai soltanto mia ma è sempre anche nostra: la santità è la vita buona sempre spesa insieme a qualcuno. E questo è un elemento essenziale di ogni vocazione nella Chiesa.
Le fatiche dell’epidemia ci hanno fatto sperimentare che siamo tutti sulla stessa barca e, nel tempo della tempesta, o diventiamo solidali, perché riconosciamo il legame che tutti ci unisce, o saremo travolti dalla tentazione di un bugiardo “si salvi chi può”.
In questo tempo diventa urgente riflettere, pensare, contemplare il legame come elemento essenziale della nostra persona. La vita e la storia sono infatti intessute in un intreccio di legami (come un mosaico, come un’orchestra) che soli offrono la possibilità di lasciar scorrere la vita dello Spirito in un reticolo di vasi sanguigni che portano la linfa a tutto l’organismo. Senza, la vita, non è possibile.
La vocazione, scrive Francesco nella “Laudato si’”, è così: «Se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, saremo capaci di passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che significa imparare a dare e non semplicemente a rinunciare.
È un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che voglio io a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio». La vocazione è la mia parte, quella che posso fare e che posso fare io soltanto, sempre insieme agli altri.
Le parole di Francesco
San Giuseppe: il sogno della vocazione
San Giuseppe non strabiliava, non era dotato di carismi particolari, non appariva speciale agli occhi di chi lo incontrava. Non era famoso e nemmeno si faceva notare: i Vangeli non riportano nemmeno una sua parola.
Eppure, attraverso la sua vita ordinaria, ha realizzato qualcosa di straordinario agli occhi di Dio. Dio vede il cuore e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. A questo tendono le vocazioni: a generare e rigenerare vite ogni giorno. San Giuseppe ci viene incontro con la sua mitezza, da Santo della porta accanto e la sua forte testimonianza può orientarci nel cammino della vita e ci suggerisce tre parole-chiave per la vocazione di ciascuno.
Segnato dal sogno
La prima parola è sogno. Tutti nella vita sognano di realizzarsi. Ed è giusto nutrire grandi attese, come aveva anche San Giuseppe che ha molto da dirci in proposito, perché, attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato, ha fatto della sua esistenza un dono.
I Vangeli narrano quattro sogni che segnarono la vita di Giuseppe. I sogni lo portarono infatti dentro avventure che mai avrebbe immaginato.
Il primo ne destabilizzò il fidanzamento, ma lo rese padre del Messia; il secondo lo fece fuggire in Egitto, ma salvò la vita della sua famiglia. Dopo il terzo, che preannunciava il ritorno in patria, il quarto gli fece ancora cambiare i piani, riportandolo a Nazaret, proprio lì dove Gesù avrebbe iniziato l’annuncio del Regno di Dio.
In tutti questi stravolgimenti il coraggio di seguire la volontà di Dio si rivelò dunque vincente.
Così accade nella vocazione: la chiamata divina spinge sempre a uscire, a donarsi, ad andare oltre. Non c’è fede senza rischio. Solo abbandonandosi fiduciosamente alla grazia, mettendo da parte i propri programmi e le proprie comodità, si dice davvero “sì” a Dio.